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Archive for settembre 2017

Un mio commento sul primo giorno di scuola uscito oggi sul Corriere Fiorentino

trolls2A sei anni, come dice uno dei personaggi di Trolls (il film d’animazione che mia figlia vede e rivede in questo periodo), la vita è tutta «cupcake e arcobaleni». Giusto allora che la scuola, nell’accogliere questi frugoletti al debutto con banchi e lavagne, non faccia sentire troppo il distacco. Eppure nell’assistere alla cerimonia (eh sì, il termine giusto è proprio cerimonia) del primo giorno di scuola non ho potuto fare a meno di pensare alla mia maestra delle elementari, Giuseppina D’Ischia: camice nero, sguardo affettivo ma severo. Non ero lì per caso, accompagnavo una emozionata seienne in grembiule blu. E riflettevo: chissà se la maestra D’Ischia si sarebbe colorata anche lei di un puntino rosso la fronte per dare il benvenuto ai nuovi alunni; chissà se anche lei si sarebbe presentata alla classe mutuando linguaggio e gestualità da «Gipo» (il giullare delle trasmissioni di Rai Yo Yo). Vero, stiamo parlando di un’era geologica fa. Sono passati quarant’anni dalla mia prima elementare: non è rimasto (quasi) nulla di quel mondo. E  io, che allora guardavo Supergulp in tv, ora mi ritrovo a scaricare sull’iPad sofisticatissimi cartoni animati da guardare con mia figlia. Bene, dunque, i maestri che sperimentano nuovi metodi didattici, al passo con i veloci mutamenti delle nostre società. Da genitore, però, mi aspetto anche che la scuola mantenga, senza indugi, quel ruolo istituzionale troppo spesso negato o, addirittura, dimenticato, anche da chi ci lavora. Dove c’è istruzione non c’è discriminazione, dove c’è attenzione per le esigenze dei bambini non c’è omologazione, dove la scuola viene «abitata» non ci sono pericoli per la democrazia. Come papà e mamme, come maestri, dirigenti scolastici, sindaci dovremmo sempre tenerlo presente. Soprattutto in un’epoca  in cui l’isolamento narcisista (davanti a una tastiera, ma non solo) sembra minare alla base i rapporti umani. Proprio per questo la scuola andrebbe vissuta come un’esperienza collettiva, in cui ognuno abbia ben presente il ruolo che ricopre, senza confusioni e invasioni di campo. Certo, le aule non possono essere campane di vetro:  anche lì, si spera, i nostri figli  saranno allenati a interpretare il mondo. Un mondo fatto però, oltre che di «cupcake e arcobaleni»,  anche di sguardi affettivi e severi di una maestra D’Ischia. È chiedere troppo?

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